Tutto è nato dal desiderio di approfondire la nostra coscienza civile. Da diversi mesi ci eravamo tuffati nell’argomento con gli strumenti di informazione che erano alla nostra portata, ma nulla può servire più dell’ esperienza ed è per questo che abbiamo deciso di partire. Meta: San Cipriano d’Aversa.
Se le prime impressioni fossero davvero quelle giuste allora probabilmente non saremmo tornati contenti da questo campo. Il paesino ci appariva spoglio, mal tenuto, degradato. Gli abitanti chiusi dietro le tende delle proprie finestre, attenti a non vedere cosa succede fuori dall’uscio della propria porta. Persino l’accento ci pareva abbastanza incomprensibile in quel quadro di disorientamento iniziale.
Ma l’accoglienza è stata subito calorosa. hanno dimostrato come con poco si può fare tanto.
Quello dei beni confiscati è un mondo composito di tante cose: i volontari arrivano da tutte le parti non solo della nazione ma anche del mondo e portano la loro energia e la loro voce in queste terre assetate di gioventù e spirito d’iniziativa.
Questi campi sono meta prediletta degli scout e infatti non ci siamo trovati soli nella villetta di via Ruffini. Le iniziative che ci sono state proposte erano più o meno quelle che ci aspettavamo di affrontare prima di partire: lavorare nei campi, assistere a testimonianze, partecipare, ma nessuno mai da casa poteva aspettarsi di divertirsi, appassionarsi e affezionarsi così tanto.
Quando si riporta l’esperienza a casa chi ascolta la recepisce in modo freddo e distaccato se si limita a raccontare che cosa si è fatto.
E’ bello e gratificante poter FARE e PENSARE antimafia nel concreto. Non abbiamo avuto difficoltà a fare interazione coi ragazzi del luogo oltre che occuparci dei campi, pulire le strade dai rifiuti e lavorare nella fattoria sociale “Fuori di zucca”.
Sono ragazzi imprigionati in una mentalità che noi crediamo legata al passato. Senza norme da rispettare ma con una regola sola: quella del “fare quello che mi va”. Ma noi li abbiamo riscoperti per quello che sono davvero, cioè ragazzi di tredici, quattordici e quindici anni e forse anche di più con troppa confusione nella testa.
Non è costato nulla avvicinarli, anche se all’inizio sembravano avere più un atteggiamento di sfida che di disponibilità nei nostri confronti. Nel giardinetto della villetta di via Ruffini, tutto è cominciato cantando una canzone e invitandoli a proporre qualcosa. Erano tre o quattro ragazzini quella sera, ma ventiquattro ore dopo la voce dei nuovi strambi scout arrivati da Bari si era diffusa e si sono presentati in più di venti.
Qualche giorno più tardi li abbiamo anche invitati ad unirsi a noi nella nostra piccola gara di cucina e senza sapere come, presi dall’entusiasmo, si sono ritrovati loro ai fornelli.
Qualche ragazzo dell’associazione ci ha raccontato da quale famiglia provengono, eppure nulla è cambiato. Foto e barzellette. Qualche canzone. Un cornetto al cioccolato la sera.
Lavorare nei campi dà soddisfazione. La fatica paradossalmente rinvigorisce più che mai e noi siamo convinti di fare antimafia liberando il granturco dalle erbacce, così come liberiamo la mente dai pregiudizi riportando la nostra testimonianza.
Abbiamo fatto visita alla chiesa di Don Peppe Diana, il secondo parroco della storia spento da una tragica storia di Camorra. Era scout e lottava anche lui contro la criminalità organizzata ma quando lo hanno ucciso non si aspettavano che avrebbero sollevato la disapprovazione dell’intera nazione e oggi c’è ancora che lotta come faceva lui, sulle sue orme, credendoci davvero.